ROMA VA A “CAETANEAR”, MA CARO LE COSTA

  • Rioma
  • 07/05/2014

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“Salvador è una delle città più violente del Brasile”, scrive Caetano Veloso. Che se ne viene a Roma, dopo le date di Torino, Padova e Milano del tour “Abraçaço”, uno dei concerti più attesi da brasiliani, filobrasiliani, italiani et altera dell’anno. Eccolo Caetano, che dalla città del crack giunge alla città della crisi (altra accezione di crack). Sarà per questo che il biglietto romano (e gli altri) costa dai 40 euro in su. Fa strano, proprio dal Brasile che ha prezzi politici e per un cantautore che è “di tutti”, emarginare una larga fascia della popolazione che non può, ad oggi, davvero permettersi di spendere, all’Auditorium della Conciliazione così come negli altri luoghi, una siffatta cifra. Solo un concerto, quello torinese, è gratuito per i fan: la presenza del settantenne Veloso (o Velloso, secondo riforma ortografica) è di buon auspicio per il Jazz Festival di Piazza Castello a Torino (tutti i dettagli su biglietti e tour qui: https://www.riomabrasil.com/caetano-veloso-tutti-i-dettagli-sullabracaco-tour-e-sui-biglietti/).

La Bahia, l’Africa, il Candomblé. “Sono cresciuto sapendo che il Brasile è nato a Bahia, il samba è nato a Bahia, il Cristo è nato a Bahia. Miti che sono stati non solo smentiti ma crudelmente distrutti”. Ma una cosa c’è, aggiunge: Dorival Caymmi è nato a Bahia, il che basta. “Quando la mia cara Suzana de Moraes, figlia di Vinicius, si sposò con Robert Feinberg, Dedé, madre di Moreno (figlio di Caetano, lei sua ex moglie, che lo portò a imparentarsi con Vinicius, ndr), la mia sposa e Carlos Drummond de Andrade furono i testimoni. Questo mi diede l’opportunità di conoscere Drummond, che parlò di musica e politica, arrivando a dire: il migliore è  Caymmi. João Gilberto mi disse di seguire sempre Dorival, che lui era il genio della razza, lezione permanente, folclore e sofisticatezza urbana, primitivo e impressionista, legato a tutti e in solitudine. Tutte le cose brutte che si presentano in maniera talmente stridente intorno a noi, sono sotto il giogo della sua calma, della sua pazienza, della sua dolcezza, della sua luminosa ispirazione”.

Questa è Bahia per Caetano. Intanto, sappiamo o dovremmo sapere che, insieme a Gilberto Gil, altro baiano doc, è sorto il tropicalismo, conosciuto anche come Tropicália, movimento musical-culturale sviluppatosi in Brasile negli anni Sessanta del XX secolo, ad opera di un gruppo di musicisti e artisti: oltre ai due, Gal Costa, Tom Zé, Rita Lee e il gruppo Os Mutantes, influenzati dalla poesia concreta, una corrente di poesia d’avanguardia di cui sono esponenti Augusto de Campos, Haroldo de Campos e Décio Pignatari. Il tropicalismo viene comunemente associato quasi esclusivamente a quel tipo di espressione musicale influenzata da bossa nova, rock and roll, folk, musica africana, musica sperimentale e fado. Il movimento tropicalista ebbe il merito di riscoprire alcuni miti del passato, da Carmen Miranda a Carlos Gardel, mito del tango argentino, a Noel Rosa, compositore degli anni Trenta etc, e di dare a Caetano meno rivoluzionarismo e più qualità, sebbene ciò non gli risparmiò il carcere in quanto ‘testa pensante’ e polemica, in tempi di dittatura militare. È quando scrisse “É proibido proibir”.

Ma di questo sempreverde luogotenente, Caetano Emanuel Viana Telles Veloso, nato a Santo Amaro da Purificação il 7 agosto del 1942, fratello di quella grande Maria Bethânia a cui egli stesso, fratello maggiore, diede il nome prendendolo da una famosa canzone, un valzer pubblicato il 18 giugno 1946 da Nelson Gonçalves, dobbiamo dire una cosa. Il suo repertorio è infinito. Il picco più basso della sua carriera lo ha toccato il 15 febbraio del 2013 con la sua partecipazione a Sanremo, sotto la conduzione di Fabio Fazio. Ma di alti ne ha avuti sin troppi. Caetano è la dimostrazione che il Brasile è, da una parte, il Paese dei cantautori, dall’altra che non lo è nemmeno un po’.

Lo è, perché come Caetano pochi ve ne sono. Chi è stato in grado di cambiare nella propria vita tanti movimenti e solo 12 note senza mai stancare? Di essere cantato da tutti, in tutto il mondo? Tradotto, limato, giocato, usato, orecchiato, ricantato, interpretato, amato, idolatrato, senza mai annoiare né ripetersi nemmeno un poco? Chi? E infatti: “Ho molte idee e molta voglia di farlo ancora, ma credo di pezzi miei ce ne siano già troppi in giro e che debba dedicarmici solo se saprò migliorarmi. Per il resto, il cinema è troppo impegnativo, mentre mi piacerebbe scrivere un altro libro”.

Dall’altra, è la dimostrazione che in Brasile il cantautoriato non funziona. O meglio, è raro. Di tutti coloro che cantano, pochi fanno musica originale. La maggior parte di essi “esegue”. Esegue musica di Veloso come dei colleghi in, Gilberto Gil, Dorival Caymmi, e, per spostarsi da Bahia, Chico Buarque, Djavan e quanti altri, senza riuscire o nemmeno provare a fare ciò che lui fece e fa senza sosta: scrivere. Questo mette in dubbio in parte la creatività di un popolo che è soggiogato dai grandi miti e che non osa superarli, non solo, nemmeno provare a fare del proprio, ma che continua, per la vita intera, a cantare brani altrui. Di Caetano, per l’appunto. Un grande mistero per un popolo di cantautori, anche di basso livello spesso e volentieri ma sic, quali sono gli italiani.

Grande immenso incontabile Caetano, per il quale esiste un verbo, “caetanear”, usato anche da Djavan in “Sina”, che canta: “Como querer caetanear o que há de bom” (ma esiste anche un djavanear). Qui un video dei due, di cui è altamente consigliata la visione “multipla”:

Aperto alla sessualità, bello come il sole, grande uomo secondo i conoscenti, ha un nipote cantante e cantautore (Jota Velloso) che è amico di Rioma e dell’Italia, ha parenti tra i più grandi poeti, ha appena finito di dire: “Bossanova é foda”, la bossanova “è da paura”, manifesto del suo album “Abraçaço” che dà titolo al presente tour e con il quale apre il concerto padovano, in una chiave elettrica già evidenziata dai precedenti album “Ce” (2006) e “Zii e Zie” (2009) incisi con Pedro Sà alla chitarra, Ricardo Dias Gomes al basso e Marcelo Calado alla batteria, con i quali si ripresenta a Roma. “Mi hanno chiesto di definire questa fase della mia attività e io sono stato costretto a inventare due nuovi termini – transamba e transrock – che raccontano bene ciò che è successo quando le mie canzoni hanno incontrato questi musicisti”, e dichiara che scriverà sempre meno canzoni, questo è il suo nuovo progetto (da La Stampa). Scegliamo “Sozinho” per chiudere, attendendo il concerto del 7 maggio a Roma, che descriveremo per filo e per segno. come voler “caetanear” ciò che c’è di buono:

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