Il 22 aprile del 1500 Pedro Alvares Cabral avvistò terra il 21 aprile ed arrivò all’attuale Santa Cruz de Cabràlia, nello Stato di Bahia. In realtà il Brasile non era affatto una meta accattivante, tanto che non v’erano (dichiarati) propositi colonialisti, si inteneva popolare le Americhe ed erano necessario capire come: l’impresa di navigazione puntava più sugli scambi con i prodotti locali. L’occupazione infatti iniziò 32 anni dopo con la fondazione di Vila de São Vicente: nel 1531 il re del Portogallo João III inviò in Brasile i coloni con Tomé de Sousa, primo governatore generale, e creò un governo centrale per correggere i problemi ed abolire le capitanie. Il 29 marzo 1549 fu fondata la capitale: Salvador. La costa, divisa in 12 capitanati affidati ad altrettanti personaggi vicini alla corona, fu impiegata per la coltivazione della canna da zucchero, e ridotte in schiavitù le popolazioni indie, che nel XVII secolo vennero rimpiazzate dagli schiavi africani. Primo tentativo olandese di conquistare le terre brasiliane ad onta della bolla papale Ea quae pro bono pacis del 1506 e del Trattato di Tordesillas che la stessa proteggeva, secondo cui alle nazioni europee differenti da Portogallo e Spagna che conducevano esplorazioni, era negato l’accesso alle nuove terre, lasciando loro unicamente opzioni come la pirateria. Francesi ed olandesi provarono ad insediarsi, saccheggiarono Bahia e addirittura questi ultimi conquistarono temporaneamente la capitale, poi dal 1630 al 1654 si stabilirono nel Nordeste, fondando la colonia di Nuova Olanda, e controllarono una lunga striscia della costa più accessibile dall’Europa, controllando comunque l’interno. Dopo anni di guerra aperta gli olandesi si ritirarono nel 1661.
Nel 1807 Napoleone marciò su Lisbona ed il principe, scortato dall’esercito britannico, fuggì in Brasile proclamando Rio de Janeiro capitale del Regno Unito di Portogallo. Nelle negoziazioni del Congresso di Vienna, al Brasile fu data condizione di regno all’interno dello Stato portoghese, che assunse la denominazione ufficiale di Regno Unito di Portogallo, Brasile e Algarve il 16 dicembre del 1815 (Gazzetta di Rio de Janeiro del 10 gennaio 1816, status che venne perso il 29 agosto 1825 dopo la ratificazione del Trattato di Rio de Janeiro siglato alla fine della Guerra d’Indipendenza del Brasile. Prima di allora, le Corti portoghesi avevano reso il Brasile una provincia da loro controllata direttamente e, con l’invio di truppe a Pernambuco, Bahia e Rio de Janeiro, nel 1822 destituito i governatori brasiliani; il principe reggente sarebbe passato ad essere appena il governatore di Rio de Janeiro. La rappresentazione brasiliana della Corti negò la ratifica della nuova Costituzione portoghese e lasciò Lisbona. Per il Trattato di Rio, il reggente João VI diveniva Imperatore Titolare del Brasile de jure, e simultaneamente abdicava in favore del figlio Pedro de Alcântara (Pedro I do Brasil), giuridicamente allora Principe Reale di Portogallo, Brasile e Algarve, già imperatore de facto del Brasile: in questo modo, alla morte del padre, avrebbero potuto eventualmente unirsi le due corone. Il Brasile aveva intanto, simultaneamente, un imperatore e un re (1822- 1826) e due imperatori (1825-1827). Tornando in Portogallo João VI, Pietro I il 7 settembre 1822 istituì una monarchia costituzionale e dichiarò la secessione del Brasile al grido di Indipendenza o morte!, sulle rive del fiume Ipiranga. Nel 1831 il regno passò al figlio di cinque anni, Pietro II che dopo 9 anni di reggenze fu acclamato imperatore nel 1840, a 14 anni. Il suo regnò durò fino al 1889, quando fu rovesciato da un colpo di Stato che istituì la repubblica. Nel 1888, dichiarò l’abolizione della schiavitù.
Il 7 settembre, dunque, il Brasile festeggia l’indipendenza dall’incubo lusitano: colonialismo e cose di corte che non fecero bene a un Paese che Paese ancora non era, bensì una terra vergine dalle dinamiche europee di conquiste e ricchezza. È istituita anche festa nazionale. Il presidente brasiliano Dilma Rousseff, ha condotto la parata tenutasi a Brasilia alla presenza di circa 25 mila persone (e le polemiche non mancano). E ha lasciato il seguente videomessagio alla popolazione:
”Se abbiamo fatto errori li supereremo“, ha detto Dilma, e ha ribadito la disponibilità del proprio Paese ad accogliere a braccia aperte i rifugiati respinti dall’Europa. L’indice di popolarità, specifica l’Ansa, è precipitato al 9% e Dilma, che a gennaio ha cominciato il suo secondo mandato di quattro anni, è alle prese con schermaglie tra gli alleati politici, una crisi economica sempre più pesante e scandali di corruzione che da ultimo hanno colpito anche il suo staff. Vestita di bianco e con la fascia presidenziale, Dilma ha sfilato a bordo della Rolls Royce cabrio ufficiale in testa al corteo salutando le circa 20 mila persone presenti sulle tribune.
In Italia quest’anno l’Ambasciata brasiliana, con sede a Roma nel Palazzo Pamphilj di Piazza Navona, ha invitato a festeggiare il 193esimo anniversario attraverso un ricevimento privato tenutosi l’8 settembre. Rioma lo ha documentato. L’ambasciatore Ricardo Neiva Tavares ha accolto, insieme alla moglie Cecìlia, gli ospiti. Ecco le nostro foto esclusive.
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