RIOMA, UNA NOTTE IN CHORO con YAMANDÚ COSTA >
(a cura di Romina Ciuffa e Iris D’Aurizio)
– PARTE 1) Recensione – YAMANDÚ COSTA – 16/09/2013, Auditorium Parco della Musica, Roma (foto RC).
– PARTE 2) Reportage – RIOMA, UNA NOTTE IN CHORO – Gruppo CHOROMA, ospite YAMANDÚ COSTA – 16/19/2013, Beba do Sambawww.musicin.eu/?p=14102
– Romina Ciuffa intervista Yamandù Costa per RIOMA: www.musicin.eu/?p=10867.
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PARTE 1) Recensione: YAMANDÚ COSTA – 16 settembre 2013, Auditorium Parco della Musica di Roma.
di IRIS D’AURIZIO
Chitarrista, compositore, un musicista di prim’ordine tra quelli brasiliani di oggi, Yamandú, da sempre immerso nella musica con la madre cantante Clari ed il padre multistrumentista e professore di musica Algacir Costa, lo zio ed i cugini, tutti votati all’arte sonora, in tupi-guarani (la lingua principale degli indios brasiliani) vuol dire, tra le altre cose, “Signore delle acque”. Sarà un caso ma lui, quando imbraccia la chitarra, le acque le smuove per davvero. 7 corde non fanno la miriade di armonici che rimbalzano in sala tra le orecchie – e gli occhi – ammaliati del pubblico, letteralmente senza fiato.
Giova sicuramente alla performance il piacere che il gaucho – senza rinunciare neanche sul palco ad un bel chimarrão di Erva Mate – mostra da subito per il fatto di trovarsi in Italia, un po’anche la sua terra: “È un Paese che amo molto perché mia madre è figlia di veneti ed io sono cresciuto mangiando polenta e piatti tipici del Nord Italia. Entrambi i miei nonni materni sono italiani, mentre da parte paterna sono portoghese e dal Portogallo arriva il mio cognome Costa. Adoro il pubblico italiano ed è il Paese che preferisco in quanto ad arte culinaria. È molto diverso dagli alti Stati europei, molto latino e animato” – ricordava nell’intervista di Romina Ciuffa per Rioma al link www.musicin.eu/?p=10867. E infatti, dopo il primo brano, arriva diretto l’elogio alla birra italiana e alla bufala napoletana, che ha appena mangiato.
Ma non può essere solo questo: di fatto, quando Yamandú suona, la percezione del tempo scompare e tutto è travolto/avvolto dalla trance di lui con la sua musica, con le dita che volano sullo strumento. Tra i brani eseguiti, due omaggi a Baden Powell, colui che nel 1996 lo invitò a fare una partecipazione per il suo concerto di Porto Alegre (poco prima che su invito di Nelson Ayre si trasferisse a Rio de Janeiro): “Petit Valse” e “Menino Baden”, da lui composta. In scaletta molte musiche autoriali, la gran parte fuori rotta, come “Choro Loco” – il titolo dice tutto; “Sarará”, “una musica di frontiera”, un viaggio attraverso dissonanze che provocano in continuazione la melodia canticchiabile; “Sambeco”, una cascata di note e virtuosismi, quella che dice di avere composto “mentre ero in bagno”, che è dove la creatività è alle stelle, sottolinea.
Una descrizione in più merita il nuovo brano che presenta, “Chitarra negra”, un omaggio alla chitarra: da subito saltano all’orecchio accordi spagnoleggianti, rapidi arpeggi che si intrecciano e si fondono nel flusso struggente delle note che non danno mai tregua fino alla fine, quando si ha quasi il timore di applaudire, per non rompere la magia del pezzo. Il tormento della chitarra è il tormento dell’artista e diventa il tormento di chi è in sala per viverlo. Toni imperiosi, ad un certo punto, provano a tenerlo a bada, ma dura poco perché presto gli strascichi del sentimentalismo sofferto hanno la meglio. Per questo, a seguire, propone un pezzo “più tranquillo”.
Di strada ne ha fatta, Yamandú, da quando, già a 4 anni, partecipava ai programmi radio della sua città, Porto Alegre; da quando, a 7, ha cominciato a studiare chitarra e a suonare col gruppo del padre e dei cugini Os Fronteiriços. Da quando ha cominciato a fare successo sbarcando prima a São Paulo, da lì a Rio de Janeiro, poi a navigare per l’Europa, affermandosi come l’erede indiscusso di giganti della chitarra come Dino Sete Cordas, Baden Powell o Raphael Rabello. E l’ha fatta di corsa, meritata. Ad oggi, oltre alle innumerevoli partecipazioni dal vivo e in studio, ha pubblicato sei album: “Dois Tempos” e “Yamandú” nel 2001; “Villaggio Café” nel 2003; “El negro del blanco” nel 2004; il live “Yamandú Costa” ao vivo del 2005 e, in fine, (2010) “Yamandú Dominguinhos”.
Una lode di riguardo va anche al pubblico, romano, brasiliano ed altro, della Sala Teatro Studio dell’Auditorium Parco della Musica, caloroso e presente, degno dell’artista. Un pubblico che ha saputo confermare le riflessioni che Yamandú fa, in tal proposito, nell’intervista di Rioma già citata (rif. www.musicin.eu/?p=10867): “Il pubblico europeo è un pubblico culturalmente preparato. Il Brasile è un Paese molto allegro e giovane, ma che ancora ha difficoltà ad ascoltare musica strumentale“. Che sia d’incentivo anche per i nostri giovani talenti, chiusi in cassetti.
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